Perché la trafilatura in oro non è marketing: differenze reali rispetto al bronzo
- Federico Menetto
- 24 nov
- Tempo di lettura: 2 min
Nel mondo della pasta artigianale il termine “trafilata” è spesso usato in modo generico.
Si parla quasi sempre di bronzo, molto meno di materiali alternativi e ancora meno di oro.
Questo porta molti a considerare la trafilatura in oro come un esercizio estetico o un dettaglio superfluo. In realtà, la scelta del materiale influenza la pasta in modo concreto.
Le superfici, la tenuta e la consistenza non sono un’opinione, ma un risultato tecnico misurabile.
Per capire la differenza bisogna partire dal ruolo della trafila.

La pasta nasce dall’incontro tra semola, acqua ed energia meccanica. Il passaggio attraverso la trafila modella il formato ma, soprattutto, definisce la microstruttura della superficie. Il bronzo lascia una grana più ruvida e irregolare, con microabrasioni che aumentano l’aderenza dei condimenti. L’acciaio produce una finitura più liscia e un effetto più stabile nella cottura. L’oro, invece, interviene con una proprietà specifica: una rugosità controllata e uniforme, data dalla sua capacità di resistere alla deformazione e mantenere costante la pressione sul composto.
Il risultato è una pasta con una superficie regolare, non aggressiva, che permette una cottura più uniforme. La ruvidità non è mai casuale, ma calibrata. La crema si lega senza creare accumuli eccessivi. Le salse avvolgono la pasta in modo più omogeneo. Nei piatti ad alta cremosità, soprattutto quelli che richiedono coagulazione controllata come carbonara o cacio e pepe, questa caratteristica fa emergere una differenza sensoriale netta.
La trafilatura in oro presenta inoltre un vantaggio meno noto: la stabilità nel tempo. L’oro non si ossida, non rilascia residui e non modifica il proprio profilo con l’usura. Questo significa che ogni lotto mantiene le stesse proprietà meccaniche e organolettiche, senza variazioni legate al consumo della trafila. Per un prodotto che punta alla ripetibilità, alla precisione e alla riconoscibilità, questa costanza diventa un elemento strategico.
Non si tratta quindi di un gesto di stile, ma di una scelta tecnica coerente con un posizionamento premium. Una trafila in oro richiede investimenti significativi, tempi di produzione più lenti e una gestione più attenta. Al tempo stesso permette di ottenere un formato con una personalità propria, progettato per chi cerca una pasta non solo buona ma precisa, pensata per ricette in cui la texture non è un dettaglio ma un ingrediente.
La differenza non è immediata ai primi assaggi, ma diventa evidente nel lungo periodo, quando la pasta viene osservata in diverse preparazioni e con metodi di cottura differenti. La trafilatura in oro non è un effetto speciale. È un modo di produrre che dà un’identità specifica alla pasta, riconoscibile e costante. Per questo merita di essere analizzata con attenzione, al di là delle semplificazioni e delle mode.


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